L’arte come sinonimo di tecnica, al di là della figurazione pura, per riavvicinare il grande pubblico alla cultura contemporanea: percorsi artistici diversissimi tra loro, ma accomunati da una profonda ricerca della pratica pittorica, perché il linguaggio dell’arte figurativa non può prescindere dalla percezione visiva. Un esperimento accompagnato da un ironico e paradossale reading teatrale incentrato sul valore dell’Arte.

TIPOLOGIA: Mostra Collettiva

DATE: 21 Maggio – 30 Maggio 2011

LUOGO: Casale dei Monaci (CIAMPINO)

PATROCINI: Regione Lazio, Comune di Ciampino

CURATORE: Cecilia Paolini

ARTISTI: Luigi Cervone, Valerio de Filippis, Lorena Peris

Nella splendida cornice di Casale dei Monaci Sabina Lauritano, Filippo Rizzo e Stefano Paolini, diretti da Carla Mappelli, hanno inaugurato, con una graditissima performance, la mostra attraverso una riflessione, ironica quanto profonda, sul significato dell’arte.

L’arte contemporanea, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra in poi, viene percepita come assolutamente lontana dalla “tecnica”, termine da cui la parola “arte” deriva. Il tanto ripudiato “accademismo” è stato storicamente interpretato come rifiuto delle tecniche tradizionali a vantaggio del puro concetto. Qualsiasi rivoluzione culturale, però, porta in sé la causa della propria degenerazione: il totale abbattimento della forma ha generato un progressivo allontanamento del grande pubblico dalla produzione contemporanea. L’arte dei nostri tempi viene spesso giudicata dai non esperti come incomprensibile e per giunta non attraente alla vista.

Questa mostra è stata concepita per attirare la percezione retinica di chiunque: indipendentemente dall’interpretazione iconologica delle singole opere, la semplice lettura della figurazione è palese per tutti. La mostra è stata allestita come una sorta di personale plurima: raccoglie i lavori di artisti che sembrano declinare la stessa lingua a percorsi letterari originali, diversissimi per tematica e fare pittorico, eppure uniti da una sorta di realismo magico figurativo che racconta la contemporaneità tramite la tradizione della tecnica. In questo senso l’esposizione sancisce quindi il ritorno dell’arte figurativa magniloquente, composta dall’illusione della prospettiva, creatrice di ambientazioni fantastiche dentro cui sospendere la propria esistenza per conoscere quell’intima esistenzialità troppo spesso sopita dalla contingenza del reale.

L’uomo diventa eroe, la storia si fa mito in quanto esempio di una tradizione mai rinnegata, ma al contrario valorizzata da significati moderni. Gli dei che ritornano non sono soltanto i soggetti epici raffigurati in questa rassegna, piuttosto indicano i dettami di quella “buona maniera” stabilita dal Vasari come principale caratteristica per riconoscere un grande artista: la tecnica senza il “concetto” è artigianato, ma l’arte è pur sempre un linguaggio universale che in ogni caso deve narrare la contemporaneità, anche attraverso strumenti della tradizione storica.