L’algida monocromia del marmo incontra le calde tonalità della pittura di Brahim Achir, narranti atmosfere di un Mediterraneo condiviso, composto da sconfinati spazi in cui irrompe il blu del mare e sguardi di serena sapienza in armonia con il ritmo della Natura.

CATALOGO DELLA MOSTRA

TIPOLOGIA: Mostra Personale

DATE: 17 Febbraio – 13 Marzo 2012

LUOGO: Museo di Villa Vecchia – Villa Doria Pamphilj (ROMA)

PATROCINI: Regione Lazio, Roma Capitale

CURATORE: Cecilia Paolini

ARTISTA: Brahim Achir

Esiste un modo di guardare il mondo che distingue forma da sostanza; esiste l’universo di Achir in cui anche la luce è esercizio spirituale, così come l’espressione di un volto una rivelazione fisica di una bellezza che si vorrebbe possedere. Rapimento dell’Arte: davanti alle tele di Achir il sentimento più comune è di libertà estatica, di sospensione dall’esistenza contingente per contemplare qualcosa che è sempre a un passo, ma è un passo infinito poiché non deriva da una distanza fisica.

Paesaggi dove l’orizzonte è soltanto un limite temporaneo, sguardi di antica consapevolezza, ogni tema riporta a una considerazione più profonda dell’apparenza: esiste uno spazio e un tempo in cui l’uomo, ogni uomo, è libero di contemplare se stesso e la Natura di cui fa parte, con la coscienza di chi sa, ma non può spiegare, l’essenza della vita, perché è egli stesso essenza, perché egli stesso partecipa al divenire del mondo.

Le donne di Achir hanno il sorriso di chi invita a un sosta, non già nel cammino verso la meta, ma perché l’osservatore sappia che la meta è già stata conquistata, molto tempo addietro, oppure è irraggiungibile, perché non si ha vista, udito e cuore per riconoscerne il percorso. Gli sguardi che così impunemente Achir pone di fronte all’osservatore, trovano la propria ratio nella simbologia dell’essere che si manifesta nell’essente della forma, ma non può esserne contenuto.

Il pensiero occidentale ha portato a credere che la dicotomia tra esistenza ed essere sia non solo dolorosa, ma impossibile da conciliare; forse in questo il pensiero orientale, a cui si deve parte della formazione di Achir, ha soluzioni più efficaci, interrogando l’esistenziale come unicità. Nella dimensione univoca dell’essere e dell’esserci, dell’etica e dell’estetica, della forma e della sostanza, si trova la Natura dello stato delle cose, unica tematica di quel “semplice” che è la formula apparente e sostanziale dei lavori di Achir.

La forza espressiva della pittura materica di Achir è stato il perfetto contraltare della marmorea collezione permanente del museo, un altro modo di interpretare la Bellezza della Natura, non nella tridimensionalità della fredda pietra antica, ma nell’espressione del segno dettato dalla memoria.

Lieta presenza della serata inaugurale è stata la Dott.ssa Carla Benocci, conservatrice del museo, che ha guidato gli ospiti attraverso le sale d’esposizione per una visita d’eccezione: dalla storia dei marmi preziosi alle suggestioni iconografiche della pittura contemporanea.